Deborah Lack era consapevole dell’importanza di effettuare ogni anno una mammografia di controllo per la prevenzione del cancro al seno — sua figlia Diane Lack, operatrice sanitaria specializzata nella salute della donna, non mancava certo di ricordarglielo.
Non con poca riluttanza, si era decisa a prendere un appuntamento al St Luke’s University Health Network per il consueto screening mammografico.
Una volta terminato l’esame, era alla guida della sua auto quando ricevette una chiamata dalla clinica. Le immagini mostravano qualcosa di sospetto che richiedeva ulteriori approfondimenti quel pomeriggio stesso alla One-Stop Clinic per il seno del St Luke.
Deborah si diresse senza indugio alla clinica.
Una volta arrivata, fu accompagnata immediatamente a fare un’ecografia e una biopsia al seno. Tutto avvenne così rapidamente che quando la raggiunse sua figlia Diane, prima infermiera coordinatrice (nurse navigator) della clinica e ora dirigente del reparto di diagnostica per le donne del St Luke, Deborah aveva già terminato gli esami.
Deborah Lack. In alto: con la figlia Diane Lack
Quarantotto ore dopo la buona notizia: gli esami avevano dato esito benigno.
La riluttanza di Deborah è molto frequente nelle donne, che spesso vivono con ansia l’idea di sottoporsi a una mammografia.
Negli Stati Uniti, il tempo medio che intercorre tra uno screening mammografico anomalo e una biopsia è di 28 giorni. Se viene diagnosticato un cancro, può passare oltre un mese per una prima visita chirugica e più di 50 giorni per l’intervento.
Questa attesa può aumentare le preoccupazioni posticipando l’inizio delle cure. E, cosa ancor più importante, il ritardo può tradursi in una prognosi peggiore.
Per Deborah, che aveva già perso un figlio per un cancro al colon due anni prima, la velocità della diagnosi è stata fondamentale per avere risposte certe e ritrovare la serenità. “Quando mi hanno detto che c’era una anomalia nella mammografia, il mio cuore si è fermato e ho iniziato ad aver un pò di paura” e prosegue: “Avevo come l’impressione di sentire una voce da lassù che mi diceva , qui noi abbiamo la soluzione rapida. Quando sono arrivata ero spaventata ma il personale ha fatto di tutto per mettermi a mio agio e mi ha spiegato nei dettagli cosa avrebbero fatto”.
La One-Stop Clinic al St. Luke's Regional Breast Center–Center Valley
La storia di Deborah dimostra che l’approccio della One-Stop Clinic™ può fare la differenza nel velocizzare l’iter diagnostico per il cancro al seno migliorando significativamente l’esperienza di molte donne.
Un modo nuovo di approcciare l’assistenza senologica
Il St. Luke esegue più di 60,000 mammografie all’anno e il suo personale è estremamente consapevole dell’effetto che i ritardi possono avere sulla salute delle pazienti. Nel 2008, il tempo stimato tra lo screening mammografico e il referto patologico era di 28 giorni, un tempo considerato inaccettabile. Nel 2019, il centro è riuscito a ridurlo a 11 giorni, ma il team del St. Luke ha puntato a un traguardo ancora più ambizioso.
Nel 2020, a seguito di una serie di interventi di riorganizzazione e riammodernamento, il St. Luke ha lanciato la One-Stop Clinic per il seno— la prima clinica di questo tipo negli USA. Adesso le pazienti possono beneficiare di diagnosi rapide, che riducono i tempi di attesa per la diagnosi a tre/sette giorni.
Nella clinica vengono utilizzate tutte le tecnologie per la cura del cancro al seno, compresa l’innovativa tecnica diagnostica chiamata mammografia con mezzo di contrasto (CEM). La CEM, che richiede meno di sette muniti, abbina le informazioni funzionali che provengono dalla somministrazione del mezzo di contrasto iodato con l’imaging strutturale derivante dalle viste anatomiche mammografiche, così da aiutare i medici a individuare le aree maligne nel tessuto mammario.[1]
Tutti questi miglioramenti hanno un impatto positivo nella vita delle pazienti.
“Siamo in grado di ridurre il tempo di attesa fra lo screening, la diagnosi e la definizione di un piano di trattamento, assicurando alle pazienti risposte rapide” dice Michele Brands, Direttore del network di imaging dedicato alle donne del St Luke “e siamo orgogliosi di poter mettere a disposizione delle nostre assistite un’assistenza rapida e personalizzata perché è ciò che meritano”.
Il modello One-Stop Clinic™ del St. Luke si è ispirato a quello nato nel Gustave Roussy Cancer Center in Francia. In quanto primo esempio di One-Stop Clinic™ negli USA, è stato implementato in collaborazione con PINC AI™ Applied Sciences e GE HealthCare ed è diventato un modello virtuoso in grado di generare valore per autorità sanitarie, operatori e pazienti grazie a un approccio alla cura del cancro al seno multimodale incentrato attorno alla figura dell’infermiere di coordinamento.
Diane, prima infermiera di coordinamento della One-Stop Clinic™, sa bene come questo approccio possa fare la differenza per le donne come sua mamma. “Per le pazienti, sei il touchpoint presente per l’intera durata dell’iter assistenziale. Quando hanno una necessità, o una richiesta, l’infermiera coordinatrice è la prima persona a cui si rivolgono per avere delle risposte”. L’esperienza condivisa fa sì che sì instauri un rapporto di fiducia che prosegue nel tempo.
“Il mio ruolo alla clinica mi ha fatto capire che non ci vuole molto tempo per instaurare un “feeling” con le pazienti” dice Diane . “Stando al posto giusto nel momento giusto ti accorgi che ogni rapporto umano instaurato può essere un rapporto che cambia la vita”
Questo giugno, la clinica St. Luke ha avuto un riconoscimento in occasione della Premier’s annual Breakthroughs Conference, un evento che celebra le tecnologie che aiutano a migliorare la salute delle comunità con metodi innovativi.
Per scoprire di più sulla One-Stop Clinic™
RIFERIMENTI
[1] Data on file, GE HealthCare, 2017.
